Genitori in equilibrio
Sono anni che ho smesso di lavorare coi bambini e questa parte del mio lavoro mi manca. Parlargli, ascoltare i loro ragionamenti, giocarci insieme, aspettarsi settimana dopo settimana, stare in contatto con la loro freschezza sono esperienze che hanno lasciato un vuoto. Li osservo come e quando posso, per strada, al parco, in piscina, al mare e in cortile. Sono fortunata perché la finestra della mia camera da letto affaccia su un cortile attrezzato con strutture di gioco per i più piccoli. E così ho il privilegio di poter seguire lunghe sessioni di gioco e poiché spesso ci sono bambine e bambini molto piccoli, anche interazioni tra questi e i loro genitori.
Un giorno osservavo un padre che spingeva i due figli seduti ognuno sul sedile di un’altalena. Torreggiava in mezzo ai due “nanetti” e con un movimento di torsione del busto spingeva prima l’uno poi l’altro, l’uno, l’altro, con un ritmo cadenzato. Ad ogni spinta fletteva le ginocchia. Era in sintonia col gioco dei suoi bambini e sembrava divertirsi. Avevo anche l’impressione che stesse facendo un qualche tipo di ginnastica.
Dopo un po’ di altalena, i bambini sono voluti scendere e hanno cominciato a correre. Il più grande poteva avere tre anni, l’altro di sicuro meno di due. Il papà stava rincorrendo il più grande, quando il piccolo ha iniziato a salire su una scala a pioli che conduce a uno scivolo. La scala in questione raggiunge l’altezza di un adulto, e tra un piolo e l’altro c’è il vuoto.
Prima ancora che me ne rendessi conto, come una sorta di velocissimo computer ho visualizzato le coordinate tra la posizione del padre e quella del piccolo, quanto tempo ci sarebbe voluto perché questo arrivasse in cima alla scala nella posizione più pericolosa, e il margine di rischio determinato dalla sua imperfetta coordinazione. E quanto tempo mi ci sarebbe voluto per scendere le scale di casa e metterlo in sicurezza.
Ma come aveva già dimostrato prima, il giovane padre riusciva benissimo a destinare energie fisiche e mentali a entrambi i bambini. Ha cambiato con scioltezza la direzione della sua corsa, si è avvicinato allo scivolo e con estrema naturalezza e perfetta tempistica ha posto una mano a dieci centimetri di distanza dalla schiena del piccolo. A ricordargli che c’era pur senza intervenire direttamente.
Quando la sicurezza è “a portata di mano” i bambini sperimentano meglio le loro possibilità e crescono più sicuri di sé, lo so, l’ho sempre praticato nel mio lavoro, eppure questo episodio mi ha fatto toccare “con mano” quanto anche dentro di me esista un pattern di intervento e di messa in sicurezza diretta. Poi, per mestiere e formazione, la consapevolezza ha la meglio sull’attivazione diretta e mi consente di creare una scala di valutazione del pericolo. In questa scala so che la mia soggettiva ansia ha un peso importante.
Vi è ma capitato qualcosa di simile? Non sto pensando a situazioni di effettivo pericolo, quando un pattern di azione ben funzionante può fare la differenza per l’incolumità di chi si trova a rischio. No, sto pensando a tutte quelle situazioni nelle quali il non intervento diretto dell’adulto – come nell’episodio cui mi è capitato di assistere – può fare l’effettiva differenza per la possibilità di sperimentare e sperimentarsi dei bambini.
E cosa provate quando vedete genitori che – in generale – agiscono diversamente da come vi verrebbe da fare? Provate curiosità? Vi astenete dal giudizio? Vi sentite fin difficoltà? Cosa pensate a riguardo?